Ciò premesso, allorché, verso la fine degli anni settanta, ho iniziato l’attività professionale in qualità di avvocato interessandomi alla conflittualità familiare, in campo giuridico era in atto una profonda trasformazione per quanto riguarda le scelte del nostro ordinamento in tema di politica familiare.
Stava infatti progressivamente maturando, tramite vari interventi
legislativi e pronunce giurisprudenziali, una radicale inversione di tendenza rispetto a ciò che era avvertito come conforme all’interesse pubblico, e perciò proposto, ovvero imposto, ai cittadini.
Il sistema precedente si reggeva su un modello di famiglia forte e autoritaria al di fuori della quale la sessualità veniva penalizzata (ne costituivano ad esempio espressione: il divieto di riconoscimento dei figli adulterini; lo sfavore nel trattamento economico riservato alla prole concepita fuori dal matrimonio rispetto alla prole legittima; i limiti alla ricerca della paternità naturale, vietata, ovvero consentita entro limiti probatori alquanto ristretti;) o tollerata quale espressione pubblicamente regolamentata, nelle cosidette “case chiuse”, di uno dei sette vizi capitali e rispetto alla cui perversione e devianza il matrimonio fungeva da condizione riparatoria ( si veda al riguardo l’art. 544 c.p., poi abrogato dalla L. 5 agosto 1981 n.442, secondo cui il matrimonio – perciò definito “riparatore” – fungeva quale causa speciale di estinzione per i reati contro la libertà sessuale e di corruzione di minorenni).
Ciò appariva espressione di convenzioni sociali fino ad allora ampiamente condivise da larghi strati della popolazione: tutti ricordiamo la pratica della “fuitina” fino a non molti anni fa diffusa in alcune regioni della penisola, rispetto alla quale ha costituito elemento di rottura impostosi alla pubblica attenzione il caso di Franca Viola, rifiutatasi di convolare a giuste nozze con il suo rapitore ed eletta poi a simbolo di una mentalità che stava lentamente evolvendo.
Alla famiglia regolarmente costituita nell’ambito del matrimonio si era dunque più che sollecitati e nel suo ambito e per le sue ragioni taluni comportamenti individuali meritavano particolare considerazione: ne costituisce ulteriore esempio la cosidetta “causa d’onore” che, fino alla già richiamata L. 5 agosto 1981 n.442, accordava un trattamento di favore a chi si macchiava di gravi reati contro la persona, quali l’omicidio o l’infanticidio, se commessi in danno di un proprio congiunto e, appunto, per causa d’onore, ossia nello stato d’ira o di alterazione psichica determinati “dall’offesa recata all’onor suo e della sua famiglia”, secondo la vecchia formulazione dell’art.587 c.p., ora abrogato.
Un affresco estremamente godibile di tale struttura sociale ci è offerto dal film di Pietro Germi “Sedotta e abbandonata” da cui emerge chiaramente come in simile assetto la famiglia fosse rigidamente strutturata, con la preziosa e ineliminabile alleanza della legge, a garanzia dell’onore e dell’ordine costituito.
Nell’ambito della famiglia legittima, riconosciuta dall’articolo 29 della Costituzione quale “società naturale fondata sul matrimonio”, i rapporti tra coniugi erano rigidamente predefiniti e caratterizzati da connotazioni ben precise, in quanto, mentre al marito era imposto l’obbligo esclusivo di provvedere a tutti i bisogni della famiglia, alla moglie incombeva di assolvere quella definita dall’articolo 37 della Costituzione “la sua essenziale funzione familiare” e di sottostare alla potestà attribuita dall’articolo 144 del codice civile al marito su di lei quale capo della famiglia, riconosciuto tale, pur nell’ambito del principio di parità coniugale, a garanzia dell’unità familiare ( secondo il dettato dell’articolo 29 della Costituzione).
Quanto ai figli, salvi i limiti e le sanzioni previste dalla legge civile e penale per gravi abusi o carenze nell’esercizio della potestà o nell’adozione dei mezzi di correzione, non rimaneva loro altro che uniformarsi a quanto deciso dai genitori, e in particolare dal padre cui spettava l’esercizio esclusivo della potestà genitoriale su di essi.